Aspetti legali del co-branding

Il co-branding è una prassi commerciale solitamente posta in essere da imprese di settori merceologici differenti, al fine di condividere azioni di marketing.

 

Il marketing, secondo una definizione classica, è l’insieme degli strumenti che consentono ad una impresa di raggiungere obiettivi di mercato, basandosi sulla strategia delle “4 P”: prodotto (Product), prezzo (Price), distribuzione (Place) e comunicazione commerciale (Promotion).

Oggi il marketing è diventato anche “altro”; si è passati dal “marketing della produzione” al “marketing orientato al cliente”. Il tutto, peraltro, filtrato da diverse “declinazioni”, a seconda di come e dove e per chi vengono svolte tali attività di marketing (content-marketing, web-marketing, permission-marketing, ninja-marketing, personal-marketing, ecc., ecc.).

Chiarito che oggi, per “marketing”, non si intende più una metodologia univoca, può analizzarsi il concetto di “co-marketing” o “marketing collaborativo”. Fondamentalmente, questo consiste in una o più attività svolte congiuntamente da una o più imprese del medesimo o di diversi settori merceologici, per raggiungere una o più delle finalità del marketing.

Il co-branding è un tipo particolare di co-marketing che ricorre quando due o più marchi noti (o meno noti) realizzano congiuntamente un unico prodotto o vengono congiuntamente commercializzati, mediante azioni comuni di marketing.

Si parla di:

  • product-based co-branding quando, ad esempio, due o più prodotti vengono venduti in un’unica confezione (ad es.: dentifricio e spazzolino) oppure quando due o più prodotti vengono combinati insieme per creare un prodotto nuovo (ad es.: il Philadelfia al cioccolato Milka).
  • communication-based co-branding quando due o più marchi sono accostati a livello pubblicitario oppure quando collaborano a livello promozionale per generare vendite aggiuntive (ad es.: Calfort è l’anticalcare per “le migliori marche di lavatrici”).

In definitiva, si tratta di un esempio di economia della collaborazione, in virtù del quale i partner hanno comunque dei vantaggi, indipendentemente dalle posizioni di partenza.

Da un punto di vista giuridico, il contratto di co-branding è un contratto atipico, sinallagmatico e normalmente riservato a soggetti imprenditoriali.

Si tratta i un’operazione giuridica ed economica che presenta significaivi rischi, perché essa finisce necessariamente per coinvolgere le componenti più sensibili dell’attività di impresa (reputazione, know how, segni distintivi).

Negli accordi di co-branding è fondamentale stabilire da subito quali siano i reciproci impegni e quali siano le misure finalizzate a salvaguardare il patrimonio immateriale e l’immagine commerciale degli operatori coinvolti.

Le possibilità di combinazione di due attività commerciali sono diverse, ma sono anche diverse le possibilità di commettere errori, soprattutto a danno della propria reputazione commerciale. Serve partire da un’analisi della propria posizione commerciale. Successivamente, è possibile sintetizzare le reciproche posizioni e prestazioni e stabilire in modo rigido i confini della comune collaborazione. Servono clausole di salvaguardia, che consentano di interrompere il più velocemente possibile comportamenti errati o addirittura devianti.

Comunque, si tratta di un’opportunità; con l’aiuto di un buon consulente, è possibile concretizzarla, vedendo moltiplicare le proprie occasioni di vendita.

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