Abusi edilizi denunciati anonimamente. Questioni di legittimità

 

Una recente sentenza del TAR Lazio ci offre lo spunto per analizzare il ruolo di una denuncia anonima nel procedimento di accertamento e di eventuale sanzione di un abuso edilizio.

Una prima scuola di pensiero ritiene inutilizzabile l’esposto in applicazione analogica dell’art. 333 comma 3 c.p.p.

L’orientamento affermatosi nella giurisprudenza penale maggioritaria è però di diverso avviso.

In particolare deve osservarsi che nella prevalente impostazione ermeneutica l’apporto conoscitivo dell’esposto anonimo è limitato nell’ambito della c.d. pre-inchiesta, ossia nella fase in cui gli organi investiganti ricercano elementi utili per l’individuazione della notizia di reato e che si caratterizza, da un lato (sotto il profilo procedurale) per l’atipicità e l’informalità delle attività svolte sia dal pubblico ministero, che dalla polizia giudiziaria; dall’altro (sotto il profilo cronologico) per la collocazione in un momento antecedente all’avvio delle indagini preliminari.

Infatti, secondo una consolidata giurisprudenza del giudice penale (ex multis, Cass. pen., Sez. V, 28 ottobre 2008, n. 4329, Sez. VI, 21 settembre 2006, n. 36003), fermo restando che la denuncia anonima non può essere utilizzata a fini probatori, onde in base a essa non possono essere compiuti atti, quali ad esempio le intercettazioni telefoniche, le perquisizioni o i sequestri (ossia atti di indagine che presuppongono l’esistenza di indizi di reato), tuttavia le notizie contenute nella denuncia anonima possono – anzi devono, per effetto del principio dell’obbligatorietà dell’azione penale – costituire spunti per una investigazione di iniziativa del pubblico ministero o della polizia giudiziaria al fine di assumere dati conoscitivi diretti a verificare se dall’anonimo possano ricavarsi gli estremi di una notitia criminis. Del resto – sebbene facendo leva sul tenore letterale degli articoli 240, comma 1, e 333, comma 3, cod. proc. pen. le disposizioni ivi contenute si prestino essere interpretate nel senso di escludere che l’esposto anonimo non consenta l’avvio di alcun tipo di accertamento – tuttavia tale interpretazione è smentita dall’art. 330 cod. proc. pen., che permette alla polizia giudiziaria ed al pubblico ministero di formare autonomamente la notizia di reato, accedendo a fonti d’informazione c.d. spurie, tra le quali si inserisce anche l’esposto anonimo. Inoltre la prevalente impostazione ermeneutica trova conferma nell’art. 5 del D.M. 30 settembre 1989 (recante il “Regolamento per l’esecuzione del codice di procedura penale”), ove si prevede che: a) “le denunce e gli altri documenti anonimi che non possono essere utilizzati nel procedimento sono annotati in apposito registro suddiviso per anni, nel quale sono iscritti la data in cui il documento è pervenuto e il relativo oggetto”; b) il predetto registro (c.d. modello 46) ed i documenti anonimi sono “custoditi presso la procura della Repubblica con modalità tali da assicurarne la riservatezza” (comma 2); c) “decorsi cinque anni da quando i documenti indicati nel comma 1 sono pervenuti alla procura della Repubblica, i documenti stessi e il registro sono distrutti con provvedimento adottato annualmente dal procuratore della Repubblica.

Ciò posto, come chiarito anche di recente dalla Suprema Corte “Una denuncia anonima non può essere posta a fondamento di atti tipici di indagine e, quindi, non è possibile procedere a perquisizioni, sequestri e intercettazioni telefoniche, trattandosi di atti che implicano e presuppongono l’esistenza di indizi di reità. Tuttavia, gli elementi contenuti nelle denunce anonime possono stimolare l’attività di iniziativa del pubblico ministero e della polizia giudiziaria al fine di assumere dati conoscitivi, diretti a verificare se dall’anonimo possano ricavarsi estremi utili per l’individuazione di una notitia criminis” (Cass. pen., sez. VI, 22 aprile 2016 che ha pertanto ammesso l’utilizzabilità dell’anonimo esclusivamente come “mero atto di impulso investigativo per verificare l’esistenza di una notitia criminis”).

Nel caso di accertamenti di abusi edilizi quindi l’esposto anonimo può ben assumere il ruolo di un sollecito da cui può prendere la stura un’attività accertativa d’ufficio che potrebbe concretizzarsi ad esempio in un apposito sopralluogo

Ciò posto, la realtà dei fatti potrebbe anche dimostrarsi diversa da quanto rappresentato nell’esposto anonimo.

La contraddittorietà fra l’esposto anonimo e le risultanza del sopralluogo non rilevano infatti sotto il profilo della legittimità del procedimento che accerta la presenza di abusi edilizi, in quanto, come detto, l’esposto anonimo è solo l’impulso al fine di accertare d’ufficio la presenza di abusi edilizi, per cui valore probatorio deve assegnarsi unicamente alle risultanze del sopralluogo, peraltro eseguito da soggetti qualificabili quali pubblici ufficiali; da ciò il valore di fede privilegiata, ovvero sino a querela di falso ex art. 2700 c.c. da assegnarsi alle predette risultanze (cfr., in tali senso, Cons. Stato, sez. quinta, sentenza 3 novembre 2010, n. 7770; 28 gennaio 1998, n. 103; sezione prima, 8 gennaio 2010, n. 250 e cfr. anche, per il principio, Tar Campania, sesta sezione, n. 760 del 6 febbraio 2013; 11 dicembre 2012, n. 5084, 21 giugno 2012, n. 2944; 2 maggio 2012, n. 2006, 2 maggio 2012, n. 2006, 5 giugno 2012, n. 2635 e n. 2644; 30 marzo 2011, n. 1856; sezione terza, 20 novembre 2012, n. 4638; sezione quarta, 3 gennaio 2013, n. 59).

 

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