Rifiuto di rilascio, revoca o mancato rinnovo del permesso di soggiorno: rapporto fra reati commessi e diritto al ricongiungimento familiare.

Preliminarmente giova ricordare che le condanne dell’extracomunitario in materia di stupefacenti sono, in mancanza di legami familiari, che impongano la valutazione discrezionale comparativa di cui all’art. 5, comma 5, ultimo periodo, t.u. 25 luglio 1998, n. 286, automaticamente ostative al rilascio o al rinnovo del permesso di soggiorno, qualunque sia la pena detentiva riportata dal condannato e non rilevando la concessione della sospensione condizionale, ai sensi del chiaro disposto dell’art. 4, comma 3, t.u. n. 286 cit., e ciò per il grave disvalore che il legislatore attribuisce, “a monte”, ai reati in questione ai fini della tutela della sicurezza pubblica.

Deve altresì escludersi che sussiste differenza, in materia di reati inerenti gli stupefacenti, fra condanne pronunciate in forza dell’art. 73, comma 1, d.P.R. n. 309 del 1990 e quelle inflitte “per fatti di lieve entità” ai sensi del successivo comma 5, avendo lo stesso giudice delle leggi (sentenza 12 dicembre 2014, n. 277) affermato che la disamina delle “materie” evocate dall’art. 4, comma 3, t.u. n. 286 del 1998 (che riflette anche specifici impegni internazionali derivanti da convenzioni o trattati o normativa di rango comunitario) dimostra come sia evidente l’intendimento del legislatore di assumere a paradigma ostativo non certo la gravità del fatto, in sé e per sé considerata, quanto – e soprattutto – la specifica natura del reato, riposando la sua scelta su una esigenza di conformazione agli impegni di “inibitoria” di traffici riguardanti determinati settori reputati maggiormente sensibili..

In conclusione, in presenza di condanne per reati in materia di stupefacenti non residua alcuna sfera di discrezionalità in capo all’Amministrazione, che è obbligata a dare immediata applicazione al disposto normativo.

E’ vero tuttavia che, come si è detto, nell’adottare il provvedimento di rifiuto del rilascio, di revoca o di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare, del familiare ricongiunto, ovvero dello straniero che abbia legami familiari nel territorio dello Stato (sul punto, Corte costituzionale, n. 202 del 2013), “si tiene anche conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell’interessato e dell’esistenza di legami familiari e sociali con il suo Paese d’origine, nonché, per lo straniero già presente sul territorio nazionale, anche della durata del suo soggiorno nel medesimo territorio nazionale” .

Come chiarito dalla giurisprudenza amministrativa, la formazione di una famiglia sul territorio italiano non può costituire scudo o garanzia assoluta di immunità dal rischio di revoca o diniego di rinnovo del permesso di soggiorno, ossia del titolo in base al quale lo straniero può trattenersi sul territorio italiano. Piuttosto, in casi speciali e situazioni peculiari, che eventualmente espongano i figli minori del reo a imminente e serio pregiudizio, l’ordinamento – ferma la valutazione amministrativa in punto di pericolosità e diniego di uno stabile titolo di soggiorno – offre, in via eccezionale, e a precipua tutela dei minori, uno specifico strumento di tutela, affidato al giudice specializzato dei minori.

 In forza del disposto dell’art. 31, comma 3, del TU immigrazione, infatti “Il Tribunale per i minorenni, per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell’età e delle condizioni di salute del minore che si trova nel territorio italiano, può autorizzare l’ingresso o la permanenza del familiare, per un periodo di tempo determinato, anche in deroga alle altre disposizioni della presente legge”.

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